venerdì 18 aprile 2008

TERZO MONDO, RIVOLUZIONE, SOCIALISMO

IIl socialismo in un paese solo è solamente una stronzata megagalattica in una frase sola.

Specialmente poi se si tratta di paesi sottosviluppati, quale era l’impero russo della prima
metà del 900, quale era la Cina, il Viet-Nam, Cuba e via discorrendo.
Il capitale imperialista li ha chiusi in una forbice, prima l’aggressione armata, fallita
la quale si è cercato di erigere un cordone sanitario...questo ha messo quei paesi nella
necessità assoluta di dotarsi di un apparato repressivo poliziesco che alla fine come un
tumore ha divorato il corpo, sia l’URSS che la Cina, come stati sulla via del socialismo
hanno cessato da tempo di esistere. Questo il dilemma in cui l’imperialismo pone i paesi
che hanno tentato la via rivoluzionaria verso il socialismo. O li stronca con l’aggressione
militare diretta, Guatemala, Chile e tanti altri o li strangola lentamente obbligandoli ad
investire molto nella difesa, a torcere la propria economia nel senso della sopravvivenza e
dell’emergenza, alimentando la necessità di leggi fortemente restrittive della libertà
personale e politica che, insieme alla protezione dallo spionaggio e dalla propaganda sobillatrice ,
proteggono anche i dirigenti dalle indispensabili critiche della popolazione.
Senza critica la vita politica di un paese si atrofizza.
Lo stato di polizia e le leggi di emergenza mortificano anche la vita intellettuale.
Non c’è bisogno delle Nocioni né dei Sansonetti, per scoprirlo.
Non solo ma è vero anche che il potere corrompe e quindi molte volte non vi è neppure la
dittatura dei robespierre (comunque mal tollerata) ma solo quella degli opportunisti.
I casi Eltsin e Putin sono lì a dimostrarlo. Non un solo dissidente è stato chiamato ad
incarichi di governo nella Russia liberaldemocratica ed anticomunista.
Tutta la nomenklatura anticomunista di oggi è uscita dalle fila di quello che fu il glorioso
Partito Comunista. Il cui metodo di formazione e selezione di quadri e dirigenti, visti i
risultati, forse aveva qualche piccola lacuna.
Riprendendo dunque il filo del discorso su come il capitale imperiale combatte il
socialismo vediamo pertanto come le rivoluzioni “vincenti” nel terzo mondo abbiano una
sola chance, una sola possibilità di marciare sulla via del socialismo, quella di una
rivoluzione vincente in qualche paese capitalisticamente avanzato.
Questo da un lato indebolirebbe in modo significativo la catena del dominio imperialista, e
dall’altro lato, facendosi portatore di tecnologie e culture che siano in grado di aumentare
fortissimamente la produttività del sistema, potrebbe lottare contro la corruzione,
seccandone le radici con l’unico rimedio possibile: l’abbondanza dell’ indispensabile e del
necessario.
Dire questo non deve far pensare al paradiso terrestre ma più semplicemente ad un sistema
in cui nessuno potrà controllare e/o ricattare qualcuno per fargli avere beni razionati,
rendendo inutile il razionamento con l’aumento della produttività.
Non solo. Ma in un paese sviluppato, in cui lo sviluppo ha fatto conoscere insieme ad i
suoi allettamenti consumistici anche i suoi risvolti meno piacevoli DOVREBBE (dico
dovrebbe, sto usando il condizionale) ESSERE RELATIVAMENTE PIU’ FACILE lottare
contro i miti del consumismo.
Parliamoci chiaro, in un futuro nemmeno troppo lontano, i grandi paesi per primi si
scontreranno con l’amara verità che la macchina per tutti più che un sogno, è un incubo
irrealizzabile. E non alludo alla mancanza o scarsità di carburante. A quello si rimedierà, le
tecnologie ci sono già in nuce, basta solo investirci per svilupparle. E non parlo neppure
dell’inquinamento o dell’effetto serra, anche a quello il rimedio potrebbe essere a portata di
mano più facimente di quello che si possa pensare. Noooo. Parlo di una cosa di cui poco si
parla. Perchè ad essa non c’è rimedio ( e quindi non è politicamente produttivo parlarne troppo). Lo spazio.
Ehhh sì. Le macchine hanno bisogno di strade, meglio ancora di autostrade.... e di parcheggi....
Anche ammettendo che lo sviluppo economico della Cina e dell’ India riduca il loro tasso
di natalità (fino ad ora è sempre avvenuto che un maggiore benessere abbia portato a nuove
consapevolezze riguardo la procreazione) esso rimarrà per un perido considerevole
sufficientemente alto da riuscire preoccupante.
Mangiare è indispensabile, circolare anche, circolare in auto niente affatto.
Abbattere le foreste per far posto alle auto non credo sarà facilmente accettato da tutti.
L’ auto simbolo e miraggio principe del consumismo rimane un miraggio, specialmente nei
paesi poveri dove spostarsi è costoso, scomodo e difficile, molto scomodo e molto difficile.
Ma se si garantisce una efficiente rete di trasporti pubblici molte persone accetteranno di
buon grado la “privazione”, avvezzi a ben altre e ben più dure privazioni. Il punto è che la
gente possa discutere liberamente, sbagliare liberamente e correggersi, senza il coltello alla
gola di un governo che ti fa mangiare, ti dà anche salute e scuola, ma ti fa sentire privo di
molte altre cose.
Ed anche salute cibo e scuola molte volte sono appena sufficienti, mai a volontà. Dall’altra
il ricatto, se va via questo governo arrivano gli imperialisti e ti portano via anche quel poco
che hai.
E la popolazione a tirare avanti rassegnata, magari pensando che vorrebbe provare per
qualche anno un po’ di odioso imperialismo. Guatemala, El Salvador, Nicaragua, Honduras,
Brasile, Venezuela, Ecuador, Perù, Colombia Republica Dominicana, Haiti con il loro
passato ed il loro presente tragicamente carico di miseria e di morte dicono poco al cubano
convinto che “di là” comunque lui/lei vorrebbe provarci.
E’ così che l’imperialismo “costringe” i vari “socialismi” a stringere i freni della
repressione e del controllo sociale e molte volte ad implodere.
Non rendersi conto di questo e vaneggiare in stile cossuttiano di una Cuba, la realtà che
conosco maggiormente, straordinario paradiso tropicale che coniuga socialismo, cultura,
libertà eros ed esotismo tropicale, è scrivere un depliant turistico per case del popolo la cui
gestione tra poco passerà alla Lega di Bossi, non per occupazione squadristica ma per voto
democratico di molti soci. Questa è ovviamente una boutade. Come lo è quello di una
Cuba oppressa da un cupa cappa poliziesca di tipo stalinista. molte sono state le coccasioni
in cui il popolo poteva ribellarsi e invece più o meno passivamente continua a non farlo.
Ed io, se mi è concesso, spero che ciò non avvenga mai. MAI . MAI. MAI. Ma il destino di
Cuba del VietNam e degli altri paesi del terzo mondo, Nepal incluso, è anche nelle nostre
mani. E’ anche nelle mani dei progressisti, dei democratici, dei proletari coscienti dei paesi
capitalistici avanzati.
Non abbiamo nessun diritto né di criticare i gruppi dirigenti che stringono i freni, perchè vi
si sentono obbligati, né quello di criticare le popolazioni che a questo rispondono
mugugnando e sognando l’auto, l’ipod ecc. ecc.
Ma neppure il dovere di elogiare i repressori, più o meno in buona fede, o di prendere
partito per i mugugnatori, stile Nocioni-Sansonetti.
4
Prendiamo atto. Di più non si può fare. Per ora almeno.
Abbiamo solo il dovere di organizzarci per provarci a nostra volta, ancora una volta.
A quanti, oppressi da una violenza i cui livelli di bestialità neppure possiamo immaginare...
(cosa c’è di più bestiale che veder spegnersi per fame e denutrizione i propri bambini ???)
hanno alzato la bandiera della ribellione, prima delle nostre critiche la nostra solidarietà il
nostro affetto, la nostra gioia quando trionfano sui loro oppressori.
A noi il compito di non illuderci, di non sognare in modo malsano, di non fare come la
plebe romana che sfogava le proprie frustrazioni tifando per i gladiatori che lottavano e
morivano nell’arena.
Il terzo mondo esiste ancora, in forme diverse da quello di trenta anni fa. Il terzomondismo
è morto, ucciso dalla puerile impazienza di quegli intellettuali che erano disponibili a
prender le parti della rivoluzione laddove essa vinceva, o prometteva di vincere
rapidamente. (stile Regis Debray, tanto per intenderci. Chi non sa chi è cerchi su internet e
potrà documentarsi).
Come avrebbe detto un intellettuale meno rivoluzionario, Flaiano, meno famoso,
immeritatamente, ma di ben maggior statura culturale artistica ed umana, “sempre pronti a
correre in soccorso dei vincitori”.
LA NOSTRA ARENA E’ QUI. QUI DOBBIAMO LOTTARE (E VINCERE, se ci si riesce).
PER NOI E PER LORO.

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