venerdì 26 novembre 2010

CARTA DI IDENTITA'


Chi siamo ? Dove andiamo ?
"Chi siamo siamo, siamo quel che siamo e tali vogliamo rimanere, e soprattutto non vogliamo che quattro negri di merda zingari marocchini, islamici e morti di fame varii, vengano a romperci i coglioni, vogliono costruire le loro moschee, vicino, pensi alle nostre belle chiese, che porco dio, guai a loro se ce le toccano che li massiamo tutti quanti, e li rimandiamo a casa loro laggiù nell' Islam..."
Non credo di aver estremizzato eccessivamente la sintesi delle reazioni del militante legaiolo tipico (dico militante e non elettore) quando si parla di accoglienza agli stranieri.
Il tricolore più grande (era enorme, spropositato) della mia vita (64 suonati) l' ho visto in Messico, anche quello un paese di identità incerte e molteplici, in difficilissima convivenza reciproca, e di storia nazionale abbastanza recente...ho i miei dubbi che agli inglesi o ai francesi verrebbe in mente di esibire una bandiera di quelle dimensioni megagalattiche.
La facciata dell' identità aggressiva è lo scudo protettivo dietro a cui si rifugia un "esserci" fatto di paure e di frustrazioni.
Il fatto che niente vi sia di razionale dietro, di culturalmente elaborato sotto, la sua apparenza (e sostanza) primitiva, ha portato la classe politica e dirigente del nostro paese, non meno rozza ed incolta, a sottovalutarne la portata politica prima, a cercare un adeguato modus cum-vivendi dopo, i successi elettorali della Lega Nord.
Ovviamente quando i flussi emotivi più scomposti ed immediati irrompono sulla scena politica, con potenza adeguata ad imporsi all'attenzione, cioè quando il danno è già fatto per metà, i "benpensanti" se ne scandalizzano, lanciano anatemi, si arroccano a difendere il vecchio, lo status quo ante che è alle radici della tempesta emotiva in questione.
In mancanza di una leadership politica capace di coglierne la portata, di intuirne la richiesta di necessità di innovazione, di interloquire, non tanto con i mestafango che cavalcano l'onda, quanto con il corpo elettorale scosso da questo tsunami, innovando sia la forma che i contenuti, il danno diventerà generalizzato.
Facciamo l'esempio del fascismo. Nel movimento fascista in Italia, così come in quello nazista in Germania, l'innovazione reazionaria non si presenta MAI come tale, ma anzi si presenta come il suo esatto contrario, si presenta cioè come DIFESA A TUTTO CAMPO DELLA TRADIZIONE, non solo del presente, ma addirittura invitando gli occhi delle masse a volgersi alla contemplazione di epoche gloriose di un passato più o meno lontano, più o meno mitizzato.
Il fascismo fu rinnovamento ? se si intende tale termine nella sua accezione positiva, no, o comunque non molto.
Legittimò e santificò il ruolo sociale di fette di micro e piccola borghesia, ma gli assetti sociali rimasero immutati, diciamo che fu l'ennesimo "capolavoro" di gattopardismo della nostra storia nazionale. Ovvero, guardato da un punto di vista di classe (non necessariamente rivoluzionario, comunque), il fascismo non promosse nessuna emancipazione sostanziale delle classi lavoratrici, né delle donne.
Guardato dal punto di vista più complessivo del capitale e dei ceti dominanti, il fascismo fu il soggetto che in Italia guidò, orientò (nel bene e nel male) e gestì quei processi di modernizzazione che comunque coinvolsero tutti i paesi del mondo industrializzato nel periodo tra le due guerre mondiali, quindi, in questo senso, e solamente in questo senso, fu anche innovatore.
L'identità, l'"esserci" di un qualcuno, qui ed ora, ha due aspetti, iscindibili sì, intendendo con tale termine che un aspetto non esiste senza l'altro, ma uniti in modo articolato, e quindi dotati di un certo grado di autonomia.
L'aspetto oggettivo, quello, per intenderci relativo alle mediazioni che"definiscono" il contesto e l'esserci in quel contesto, maggiormente rilevabile da un osservatore altro, esterno in certo qual modo, e quello soggettivo, ovvero l'autorappresentazione, l'autocoscienza che il qualcuno ha di sé stesso.
Ovvio e banale, ma ho timore di peccare a non ricordarlo, che quanto maggiore è la mancanza di riflessione, la mancanza di conoscenza e di consapevolezza dei dati oggettivi del mondo in cui vive (tradotto: quanto più si è ignoranti) TANTO PIÙ LE FUMISTERIE MITOLOGHICHE ED IDEOLOGICHE, IL SENSO COMUNE, sostanzieranno i livelli di autocoscienza del qualcuno.
Indifeso ed aggressivo, in breve "bestia" intrappolata in preda ad ondate emotive sempre più assordanti che gli impediscono di sentire voci altre da quelle rassicuranti (perchè promotrici di identità granitiche e riposanti) del branco.
Le inquietudini interne, le incertezze sul “che fare ?” che si agitavano dentro, si placano relativamente e vengono proiettate fuori di sé e contro il "nemico", carburante, fonte di energia psichica per le prossime battaglie da combattere.
Ed allora l'identità è rassicurante solo in quanto è vissuta e concepita come statica, immobile. Autentica perchè sottratta ad ogni contestualizzazione, alle scosse, alle fratture, agli stress destrutturanti di un contesto storico-sociale in rapidissimo mutamento.
Ho la sensazione che proprio la velocità-imprevedibilità del mutamento in atto renda necessario per moltissimi un punto fisso, fermo, una stella polare la cui posizione definisce gli orientamenti del movimento in atto.
Asserire la non esistenza di una simile stella polare, asserire la necessità di ricostruire la mappa tutti insieme, ricomponendo i frammenti, faticosamente; formulando e riformulando ipotesi, verificandole, collaudandole, appare un gioco truccato, fatto di regole note solo alle elites che lo propongono e quindi buono principalmente a manipolare e buggerare i poveracci che si fanno abbindolare.
Roba da intellettuali, roba da sovversivi, che, appunto, per buttare all'aria l'ordine costituito, hanno la necessità di distruggere la fiducia nella bontà della tradizione, di introdurre dubbi e discussione laddove esistevano certezze e compattezze.
"Noi siamo cristiani da sempre porco d...." Il che non vuole affatto dire che siamo gente che legge e rilegge i vangeli per meglio comprenderne e meglio relizzarne il messaggio, che cercano di cogliere il senso più profondo della volontà del padre celeste per attuarla in terra...quando mai...
Perchè "Noi siam gente semplice, lavoratori...senza tanti grilli per la testa." "Bando alle chiacchiere, alle teorie, qua ci vuole il buon senso e basta..." "Il mondo va avanti perchè si fanno i fatti, mica perchè ci si sta a lambiccare il cervello sui libri" Per esplodere, accecante supernova nella galassia del senso comune, nella sintesi e nell'apoteosi del pensiero (si fa per dire) Tremontiano "CON LA CULTURA NON SI MANGIA".
In effetti, se in precedenza avevo accostato la logica maroniana alla logica di Taniello che si va a confessare, ora il parallelo arriva spontaneamente tra il fondamentalismo talibano che nega l'uso di cinema, radio e TV ma accetta quello dei telefonini e di armi sofisticate, quando servono alla causa dei combattenti per il trionfo dell' Islam.
Negano a gran voce il relativismo, ma relativizzano in pratica...quanto ? Quanto loro giudicano indispensabile al raggiungimento e mantenimento dei propri obbiettivi. Quindi è correttissimo affermare non solo che ammettono il relativismo, ma che, in realtà, quel che vogliono è il monopolio della decisione su quanto e quello che si può relativizzare. Altro che democrazia islamica, qui si tratta di dittatura/tirannia teocratica. Non la parola di dio, non la legge di dio, ma l'interpretazione che di queste vogliono dare i membri di un certo partito, qui ed ora.
Similmente i difensori della "nostra identità". Non è che non vogliano assolutamente nessun straniero, più semplicemente vogliono decidere su quali far entrare e su come costoro si debbono comportare (per non farli sentire in pericolo). Parlano di far leggi di questo tipo, ma gratta gratta loro vorrebbero assai di più: la possibilità di decidere, a prescindere da leggi ed avvocati, (tute chiacchiere, bone per far guadagnare gli avvocati) chi può e cosa può, caso per caso, momento per momento...
Il consumismo che ti fa sentire ancor più potente.
L' industria dei beni di consumo infatti mette in circolazione oggetti i cui processi di funzionamento interno sono accessibili, talvolta, solo alle persone ultraspecializzate che li progettano, però di semplicità estrema nel servire ai desideri del consumatore comune, ovvero l'apprendimento del loro uso basilare è una cosa relativamente facile. Facilitato oltretutto da una loro diffusione estrema, per cui il vicino di casa, il figlio, il compagno di scuola, più acuto, perspicace e strumentato spiega ai meno accorti e contribuisce così alla diffusione della conoscenza/addestramento nell' uso di questi giocattolini che tantissimo contribuiscono alla realizzazione del ciclo capitalistico.
Questo baratro incolmabile che esiste tra la mano che fa ( o meglio che impartisce alcuni comandi) ed il cervello che sa poco o niente di quel che succede in realtà, perchè lo scopo desiderato venga raggiunto; questo essere utilizzatori finali di strumenti e modi di essere, di forme di pensiero e di forme di relazioni interpersonali le cui logiche più vere e profonde sfuggono ai più, ci rende impazienti e prepotenti e talvolta, spesso, anche mentalmente ed intellettualmente più pigri.
IMPAZIENZA PREPOTENZA PIGRIZIA INTELLETTUALE = INTOLLERANZA ATTUALE.
Ecco allora che si presenta l'alternativa (ovviamente più che fasulla) della fuga nel bucolico.
La voglia spasmodica di una bella fuga all' indietro.
Perchè una cosa è usare le conoscenze che comunque abbiamo per metterle in questione, ovvero il pensiero che pensa, che critica sé stesso (ehh già...poi sempre lì si ritorna, piaccia o non piaccia) per prefigurare rotte diverse da percorrere in futuro, quali tecnologie mantenere e quali seppellire, quali sviluppare e quali bandire...altro è sic et simpliciter la riproposizione del campicello, del pollaio, dell' artigianato del buon tempo antico....
attività degnissime fatte per eremiti (e non dappertutto si può fare l'eremita, anche volendo) o per ricchi professionisti che le usano come momenti tonificanti di ristoro e di relax. Insomma il modello mennonita trova più ammiratori che seguaci....
La critica pratica ai movimenti ed ai processi di fondamentalismo identitario, non può essere condotta in nome di una generica (ed anchessa ultraideologica) identità cosmopolita, che come la fuga nel bucolico, ha radici saldissime tra le nuvole, ma con i metodi dell' indagine materialistica che ricostruisce con pazienza la mappa, rimettendo insieme i frammenti, faticosamente, formulando e riformulando ipotesi, verificandole.
Quando si costruisce un ponte tra le lotte dei migranti e quelle dei ceti subalterni indigeni in Italia, quando si fa balenare alle menti degli uni e degli altri che forse hanno degli interessi in comune, non si costruisce di colpo qualcosa di nuovo, ma comunque si tenta di gettare faticosamente il seme perchè una nuova faccia si aggiunga al prisma della loro/nostra identità.
E la costruzione di una nuova dimensione di identità passa molto spesso per la negazione della vecchia. Quando il lavoratore appoggia le proposte della lega contro i lavoratori stranieri lo fa perchè gli sembrano le sole possibilità di salvezza nella tempesta della crisi. Nega, più o meno consapevolmente la propria identità di lavoratore per sentirsi un padano che si difende da Roma ladrona e dagli immigrati che voglion venire qui a comandare a casa nostra.
QUANDO e SE un lavoratore italiano appoggia e chiede l'appoggio, dei lavoratori immigrati costruisce un legame (quanto saldo è tutto da vedere) che fa sì che egli includa e non escluda. Ed anche che egli si includa e che non si autoescluda.
Quando si agevola la messa in essere di una moschea non si aiuta quasi mai l'estremismo ma l' inclusione.
Se io ti faccio entrare dentro il cerchio con il contagocce, quelli entrano nel mio/nostro cerchio e poi pian pianino, forse, domani si vedrà....
Ma se si afferma che quelli che rispondono a certi requisiti NON POSSONO ESSERE ESCLUSI DAL CERCHIO, il cerchio può diventare una comunità, una fucina di nuove identità che nessuno ora, qui può dire come saranno. Però sappiamo che saranno (nel bene e nel male) nuove identità, nuovi modi di esserci, nuovi modi di stare insieme tra noi. Che avranno alcuni tratti genetici di tutti noi, che avranno anche perso alcuni tratti genetici che prima erano peculiari di ciascuno di noi, individualmente considerato.
I genitori decidono di fare il figlio, ne influenzeranno sicuramente il carattere e la vita (nel bene come nel male) ma, se non sono sciocchi, sapranno di non poter sapere davvero come sarà. Sanno solo che sarà e spereranno. Anche chi cerca la costruzione di nuove e più dinamiche forme di società e di identità, non sa mica come saranno. Sa solo che saranno. Può solo lottare e sperare. L'unica lotta sicuramente persa è quella che si decide di non intraprendere.
Avevo chiuso con le parole che leggete sopra questa prolissa divagazione.
Ma, per non so quale motivo oscuro ,dalle mie circonvoluzioni encefaliche è emerso un ricordo, il ricordo del grido QUE VIVA LA MUERTE, ABAJO LA INTELIGENCIA (viva la morte abbasso l'intelligenza). Questa frase sciagurata appartiene al generale fascista spagnolo Millan Astray. In tutte le lingue spero che un giorno grideremo insieme VIVA LA VITA, VIVA L'INTELLIGENZA. Sarà anch'essa una scheggia per una nuova identità.

Nessun commento: